Dislessia: cerchiamo di fare un po’ di chiarezza
Il 9 maggio in questo blog è stato postato un articolo nel quale si faceva riferimento all’apertura di una nuova sede dell’AID…questo ci ha portato a focalizzare l’attenzione su un disturbo dell’età evolutiva che si caratterizza per una considerevole incidenza, la Dislessia.
Ma cosa intendiamo per Dislessia?
Quando si può parlare di Dislessia?
Come intervenire in caso di Dislessia?
Di seguito cerchiamo di fare un po’ di chiarezza
Dislessia?
La dislessia è un Disturbo Specifico dell’Apprendimento che interessa la lettura e si manifesta con una difficoltà di grado lieve, medio o grave nella decodifica, lettura e comprensione del testo.
Diagnosi
Quando fare diagnosi?
La diagnosi di dislessia può essere fatta solo dopo la fine della seconda elementare, ma alcuni elementi negli anni antecedenti possono e devono essere oggetto di attenzione:
– nel periodo prescolare è importante dare il giusto peso a difficoltà comunicative linguistiche ed uditive quali limitata conoscenza delle parole e del loro significato, difficoltà nell’apprendere nuove parole, filastrocche o frasi in rima (problemi di memoria), nel costruire le frasi, nel ripetere ed individuare toni, suoni, sillabe;
– nel corso dei primi due anni di scuola possono essere indicatori di una potenziale dislessia lenta decifrazione delle singole lettere, incertezza nell’utilizzo delle sillabe e scarso controllo del significato delle parole.
Come procedere?
La diagnosi di dislessia deve essere fatta da specialisti attraverso specifici test standardizzati e condivisi.
Per formulare una diagnosi bisogna prima di tutto escludere la presenza di deficit sensoriali a carico di vista ed udito, neurologici, cognitivi ed emotivo-relazionali. La dislessia infatti può essere diagnosticata solo se il quoziente intellettivo del bambino risulta nella media, se non sono riscontrati deficit sensoriali che possono da soli spiegare i problemi di lettura e se sono state fornite adeguate opportunità di apprendimento in ambito scolastico.
Per formulare diagnosi è fondamentale indagare un amplio ventaglio di abilità: capacità cognitive (attraverso test di intelligenza), prassiche, spaziali, mnemoniche e di linguaggio oltre a livello di lettura (rapidità e correttezza nella lettura di parole, non parole e brani), di scrittura (dettato ortografico), di calcolo (calcolo scritto e a mente, lettura e scrittura di numeri), di comprensione del testo, di discriminazione di sillabe e fonemi.
Riabilitazione?
Alla luce dei risultati della valutazione si procede alla definizione di un intervento ad hoc che presenta le seguenti caratteristiche:
1) agisce direttamente ed in modo focalizzato sulla difficoltà specifica riscontrata perseguendo obiettivi chiari, realistici e ben definiti;
2) è individualizzato e quindi deve tenere conto di competenze, potenzialità, problemi, tempio di concentrazione ed attenzione, motivazione ed autostima;
3) è intensivo per cui richiede più sedute settimanali (2/3) e lavoro quotidiano nel contesto domestico;
4) è prolungato per cui copre almeno un lasso di tempo di 3 mesi ed ha inizio nel momento della diagnosi;
5) deve essere progettato, gestito da professionisti formati ed esperti di riabilitazione neuropsicologica ed essere condiviso con bambino, famiglia ed insegnanti;
6) può essere interrotto nel momento in cui il bambino raggiunge l’autonomia, la motivazione e la disponibilità di famiglia e bambino si esauriscono, in assenza di cambiamenti significativi (passati 6/12 mesi dall’inizio del trattamento);
7) elementi che possono concorrere ad un esito positivo sono un elevato quoziente intellettivo, precocità dell’intervento, clima di collaborazione tra le varie figure di riferimento per il bambino, interventi a livello didattico, motivazione, aspettative ed obiettivi realistici.
Esistono differenti tipologie di intervento che sottendono differenti modi di definire ed interpretare la dislessia.
Accanto ad un lavoro riabilitativo è fondamentale un lavoro nei contesti nei quali il bambino trascorre la maggior parte del tempo. È fondamentale lavorare in sinergia con famiglia e scuola in modo che a disposizione del bambino vi sia una rete supportiva. Confrontarsi con le difficoltà di lettura del proprio figlio o di un proprio alunno non è semplice, soprattutto se il bambino in questione in altre situazioni è sveglio, vivace e brillante. È quindi importante fornire informazioni in merito al problema e all’importanza di sostenere il bambino dandogli fiducia, alle strategie che possono essere proposte al bambino per favorire l’apprendimento, alle modalità che possono essere adottate per rendere meno gravose la lettura ed in generale le attività scolastiche.