Famiglia: ruolo nel trattamento dei DCA
Nei mesi scorsi nel nostro Blog abbiamo acceso i riflettori su una problematica particolarmente diffusa: i Disturbi del comportamento alimentare.
Vogliamo ora concentrare la nostra attenzione su di un aspetto particolare: il ruolo della famiglia nel mantenimento della sintomatologia e nel percorso di cura.
Innanzitutto cosa intendiamo per Disturbi del comportamento alimentare?
Facciamo riferimento ad Anoressia nervosa, Bulimia nervosa, Alimentazione incontrollata e Binge eating disorder. Si tratta di disturbi con origine, caratteristiche e decorso differenti ma con alcuni comuni campanelli di allarme cui è fondamentale prestare attenzione: la preoccupazione eccessiva per il cibo ed il peso, eccessiva attenzione per la dieta ed il conteggio delle calorie, tendenza a pesarsi frequentemente, sentimenti di colpa e di vergogna relativamente all’alimentazione, abbuffate alimentari, sentirsi grassi pur avendo un peso normale, eccessiva attenzione all’esteriorità, ipersensibilità verso le critiche, repentini cambiamenti emotivi.
La famiglia…
La famiglia se lasciata ai margini può contribuire al mantenimento del disturbo, se coinvolta e valorizzata può diventare o ritornare ad essere una risorsa estremamente preziosa.
I sintomi dei disturbi del comportamento alimentare possono infatti avere profonde implicazioni sociali ed emotive per le figure di riferimento all’interno del contesto famigliare.
Come la famiglia può concorrere al mantenimento del disturbo?
Diverse sono le caratteristiche che possono concorrere al mantenimento della sintomatologia:
1) rigidità e preoccupazione per i dettagli che impediscono l’apertura ad una visione d’insieme;
2) tendenza al criticismo, all’ostilità e al protezionismo che ostacolano l’autonomia e l’apertura alle sfide;
3) presenza di senso di colpa e vergogna che favoriscono la chiusura e l’isolamento sociale ed impediscono l’esposizione a nuove modalità relazionali;
4) assente comprensione del disturbo che si accompagna alla messa in atto di strategie improprie e quindi all’inasprirsi del clima relazionale;
5) tendenza ad assecondare le dinamiche patologiche per quieto vivere.
Come la famiglia può essere risorsa?
I familiari devono entrare a pieno titolo nel percorso terapeutico. Il loro coinvolgimento è condizione indispensabile per garantire continuità e coerenza all’intervento rendendolo così maggiormente efficace.
Coinvolgere i famigliari nel percorso terapeutico significa per esempio:
1) fornire loro strategie per poter riflettere e rendere maggiormente funzionali le personali reazioni alla sintomatologia;
2) fornire loro strategie per poter fronteggiare le difficoltà in modo funzionale;
Si tratta di due interventi finalizzati ad accrescere il benessere dei famigliari attraverso la riduzione dello stress percepito.
3) fornire un modello di comprensione e analisi del disturbo, focalizzando tra l’altro l’attenzione sul ruolo della famiglia nel mantenimento della sintomatologia;
4) fornire strumenti per una comunicazione aperta, chiara ed efficace;
5) fornire strumenti per attivare e creare una rete sociale supportava per paziente e famiglia.