Terapia della bambola: come una bambola può riattivare competenze relazionali
Nei mesi scorsi abbiamo parlato nel nostro Blog del Morbo di Alzheimer cercando di descrivere da un lato i vissuti di paziente e caregiver e dall’altro il ruolo che lo psicologo potrebbe giocare.
Abbiamo definito il Morbo di Alzheimer come una forma di demenza ossia una condizione degenerativa che interessa differenti livelli di funzionamento: cognitivo, affettivo, relazionale/sociale e comportamentale.
Quale riabilitazione?
Esistono una serie di interventi riabilitativi attraverso cui è possibile rallentare la progressione dei deficit cognitivi e funzionali. È importante integrare terapia farmacologica ed interventi riabilitativi sia sul piano comportamentale che cognitivo.
Sempre più frequentemente, all’interno di progetti preventivi, riabilitativi e terapeutici, viene riservata attenzione alle cosiddette terapie espressive che fanno leva su modalità di relazione prevalentemente pre-verbali e non verbali.
Terapia espressiva: la terapia della bambola
La terapia della bambola è un interessante esempio di terapia espressiva che può essere utilizzata in caso di deterioramento medio-grave.
In cosa consiste?
La terapia consiste nel presentare al paziente una bambola con caratteristiche particolari e nel lasciare che questi vi interagisca per un periodo protratto di tempo nell’arco della giornata. Nella maggior parte dei casi l’anziano se ne prende cura rimettendo in moto tutta una serie di attività e competenze relazionali apparentemente perse.
Quali caratteristiche ha la bambola?
La bambola è alta circa 50 cm ed ha un peso che simula quello di un bambino vero di quell’altezza. è realizzata con materiale morbido, ha le braccia spalancate che invogliano all’abbraccio, gambe mobili, sguardo laterale ed occhi grandi.
Cosa fa lo psicologo?
Il clinico monitora per una quindicina di giorni le modalità di interazione dell’anziano con la bambola. L’osservazione è finalizzata a verificare la presenza e la frequenza con la quale comportamenti specifici vengono messi in atto.
Sono oggetto di interesse: l’accettazione, la ricerca, il dialogo, lo stringerla al petto, il cullarla, l’accudirla, il sorriderle, il cantare per lei, il giocarci insieme, l’abbandonarla, l’accarezzarle i capelli, il tenerla senza muoverla.
Si registra inoltre la continuità o discontinuità dell’interazione e se ne valuta la qualità. Il clinico presta infatti attenzione al ruolo che la bambola gioca nella relazione affettiva con il paziente: 1) il paziente riconosce la bambola solo come oggetto inanimato di conseguenza la manipola parzialmente e non la considera come elemento relazionale; 2) il paziente attribuisce alla bambola lo status di bambino a tutti gli effetti e di conseguenza la accudisce più o meno intensamente durante i vari momenti della giornata; 3) il paziente può alternare momenti di forte accudimento nei confronti della bambola e momenti di disattenzione o indifferenza o rifiuto.
Quali effetti benefici?
Come accennato sopra l’interazione con la bambola rimette in moto tutta una serie di attività e competenze relazionali apparentemente perse.
A questo si aggiunge: 1) induzione di uno stato di rilassamento; 2)modulazione di stati d’ansia e di agitazione e delle loro manifestazioni sintomatiche come aggressività , insonnia, apatia o wandering; 3) riduzione del ricorso ai sedativi; 4) riduzione di condizioni di apatia e depressione; 5) rallentamento del deterioramento di alcuni abilità cognitive; 6) sostegno all’utilizzo di prassi motorie.