Empatia: mettiamoci nei panni dell’altro
Il termine empatia indica la capacità di “mettersi nei panni dell’altro” percependone emozioni e pensieri.È un’importante competenza emotiva che rende più semplice entrare in sintonia con la persona con la quale si interagisce. È un’abilità sociale di fondamentale importanza, base per una comunicazione interpersonale efficace e gratificante. Garantisce infatti l’accesso agli stati d’animo e in generale al mondo dell’altro e consente di cogliere elementi che vanno al là del contenuto semantico della comunicazione.
Empatia: questione di geni?
L’empatia rimanda ad un atteggiamento verso gli altri improntato sulla comprensione, esclude quindi attitudine affettiva personale (simpatia, antipatia) e giudizio morale.
L’empatia non nasce da uno sforzo intellettuale ma è parte integrante del corredo genetico della specie: lo dimostrano gli studi pionieristici di Darwin sulle emozioni e sulla comunicazione mimica delle emozioni e i recenti studi sui neuroni a specchio del gruppo di ricerca di Rizzolatti. Questi ultimi hanno dimostrato come, a livello neurobiologico, la comprensione della mente e dei vissuti dell’altro è sostenuta da una particolare classe di neuroni, i neuroni specchio per l’appunto. Partecipare come testimoni ad azioni, sensazioni ed emozioni di altri individui attiva le stesse aree cerebrali di norma coinvolte nello svolgimento in prima persona delle stesse azioni e nella percezione delle stesse sensazioni ed emozioni (Gallese, 2005).
Come si sviluppa l’empatia?
Estendendo la definizione di empatia a una serie più ampia di reazioni affettive coerenti con il sentimento provato dall’altro, è possibile identificarne le prime manifestazioni nei primissimi giorni di vita.
Le tappe di sviluppo dell’empatia possono essere così sintetizzate:
– empatia globale: durante il primo anno di vita i bambini sono in grado di identificarsi con le emozioni cui assistono, ma l’emozione è involontaria ed indifferenziata;
– empatia egocentrica: nel corso del secondo anno di vita i bambini si identificano con l’emozione cui assistono e offrono attivamente aiuto. L’aiuto offerto è però ciò che essi stessi desidererebbero ricevere come conforto;
– empatia per i sentimenti altrui: durante il terzo anno di vita i bambini sono consapevoli del fatto che le emozioni degli altri possono essere differenti dalle proprie e quindi anche le modalità consolatorie messe in atto diventano ad hoc per la situazione specifica;
– empatia per la condizione esistenziale degli altri: nella tarda infanzia, prima adolescenza, i bambini si rendono conto che i sentimenti degli altri possono non essere dovuti alla situazione contingente, ma determinati dalle loro condizioni di vita permanenti.
L’empatia sembra avere uno sviluppo ottimale in un ambiente che soddisfa le necessità emotive del bambino, che incoraggia a riconoscere, sperimentare ed esprimere un’ampia gamma di emozioni, che fornisce numerose possibilità di osservare la ricettività degli altri.