Figli che non ascoltano: come migliorare la comunicazione
Continua lo spazio dedicato alla psicologia sul sito dell’IC Paccini di Sovico.
Oggi riflessione sulla comunicazione…come farsi ascoltare dai propri figli.
Riportiamo qui l’intero articolo.
Ogni giorno i genitori si ritrovano a fare ai bambini delle richieste che loro tendono a rimandare, continuando a giocare e a guardare i cartoni come se nulla fosse, oppure rispondendo “Sì, un attimo” ma quell’attimo sembra durare un’eternità.
Naturale chiedersi “Perché non ascolta? Perché non fa subito quello che gli dico? Mi fa perdere tanto tempo!”. Più difficile, presi da mille attività quotidiane, è mettere a fuoco che adulti e bambini hanno priorità differenti. Per un bambino è più importante giocare piuttosto che farsi il bagno, dedicarsi ai compiti oppure rispettare l’orario per andare a dormire, per cui rientra nel ruolo del genitore quello di fargli capire le motivazioni che stanno dietro alle diverse richieste, in modo gentile ma anche diretto e assertivo. Stabilire regole chiare e semplici, essere coerenti e favorire l’autonomia del bambino, sono già un ottimo punto di partenza per far sì che alcune azioni vengano interiorizzate e, con il tempo, entrino a far parte della sua routine quotidiana.
Come mai mio figlio non mi ascolta?
Probabilmente, se il bambino tende a non ascoltare e a non fare ciò che gli viene chiesto, qualcosa non ha funzionato nella comunicazione.
Come rendere una comunicazione efficace?
Innanzitutto è necessario catturare l’attenzione del bambino e sintonizzarsi con lui per esempio avvicinandosi ed abbassandosi alla sua altezza…guardarlo negli occhi o cercare il contatto fisico è sicuramente più funzionale che urlare da una stanza all’altra ciò che ci si aspetta venga fatto.
Anche il tono della voce gioca un ruolo cruciale: è bene non alzare troppo la voce quando vengono avanzate delle richieste. A volte, i bambini mettono alla prova i genitori per vedere come reagiscono, quindi bisogna cercare di non cedere alle provocazioni, altrimenti si innescherebbe uno scontro, ulteriori grida e litigi. Se si arriva a farsi obbedire solo attraverso le urla, il bambino si abituerà ad ascoltare soltanto quando si alzano i toni, tirando sempre di più la corda, senza ricevere alcun insegnamento e senza raggiungere mai un buon livello di autonomia.
Attenzione alla forma
Perché la comunicazione possa essere efficace è inoltre necessario prestare attenzione alla forma oltre che al contenuto: 1) non essere ripetitivi, una volta che vi siete accertati che il bambino ha sentito non ripetete più di due/tre volte la richiesta. Se continua a non ascoltare, significa che la comunicazione non è stata efficace o che forse non è il momento più opportuno. In questi casi, fate passare una manciata di minuti e quando il bambino sarà più tranquillo e in grado di recepire meglio il messaggio, ripetete nuovamente la frase con un tono fermo e calmo; 2) non avanzare troppe richieste contemporaneamente ed essere specifici nella domanda, se si fanno troppe richieste e in maniera troppo generica, i bambini rischiano di perdersi nella confusione e non sanno da dove partire.; 3) non dilungarsi troppo, limitarvi ad una frase, alla richiesta e alla motivazione. Se vi dilungate in spiegazioni chilometriche, il bambino riceverà troppe informazioni tutte insieme che lo porteranno a distrarsi più facilmente e a non ascoltarvi più.
Attenzione all’atteggiamento
Curate il vostro atteggiamento, siate coerenti nelle richieste che avanzate e di fronte ad una risposta positiva rinforzate il comportamento ed atteggiamento del bambino. Proponete delle alternative lasciando aperta la comunicazione, i figli si sentiranno meno alle strette, più attivi nella decisione e si avrà più possibilità di ottenere una risposta positiva e veloce.
Se la mattina è un incubo?
Capita anche a voi di avere figli che appena svegli non ascoltano, si muovono a rallentatore ed hanno difficoltà a soddisfare qualsiasi richiesta? Beh cercate di stimolarli di più nel week-end, dove c’è più tempo a disposizione ed è più facile aiutarlo a fare le cose da solo, rendendolo gradualmente sempre più autonomo.