La paura ai tempi del Coronavirus
“ L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa” (Roosevelt)
Citazione utile da riproporre in questo momento storico in cui ci stiamo confrontando con la paura e lo stress psicologico dell’allerta per il Coronavirus.
Da un lato la sensazione di paura è legittimamente e giustamente legata ad una situazione nuova e vissuta come rischiosa.
Dall’altra se non controllata fa perdere di vista l’essenziale ossia adottare comportamenti funzionali per proteggersi.
Primo ostacolo: confrontarsi con le notizie.
I media costantemente in questi giorni ci bombardano con informazioni più o meno allarmanti: i numeri in aumento delle vittime, la chiusura di scuole, musei, cinema, la sospensione delle messe, dei festeggiamenti di carnevale, degli eventi, il Governo convinto a trattare la situazione come calamità naturale, gli italiani all’estero trattati con diffidenza, i casi di contagio che aumentano di ora in ora, i supermercati presi d’assalto, le raccomandazioni di evitare le occasioni di socializzazione.
Tutte notizie che oggettivamente mettono ansia ma che necessitano di essere trattate dai singoli fruitori con crescente razionalità.
A cosa serve la paura?
La paura è un’emozione benefica, serve per mettersi in salvo, attaccare, reagire, segnalare agli altri la presenza di un pericolo e a tale scopo acuisce i sensi, attiva l’attenzione e mette in moto la mente che rapidamente passa in rassegna le possibili soluzioni.
Diventa invece pericolosa quando è troppo forte o persistente. Intensità e persistenza possono sollecitare l’immaginazione portandola a lavorare anche in assenza di minacce alimentando così un’attesa del negativo che non è giustificata dai fatti.
Come fronteggiarla? Parola d’ordine resilienza.
In situazioni come quella attuale alcune persone possono sentirsi travolte dal clima negativo, schiacciate dalle notizie ansiogene che ogni giorno si affollano sui media, mentre altre possono avvalersi di una risorsa interiore, o resilienza, che permette loro di resistere alle negatività, di non subirle come fatti ineluttabili e di mantenere viva la speranza in una soluzione, grazie anche al loro impegno personale.